Translate

sabato 25 gennaio 2014

LA NOTTE DI BARNABA




Il carretto sobbalzava sul sentiero sassoso, nonostante gli incitamenti la mula se la prendeva comoda. Era notte e Barnaba non aveva alcuna voglia di passarla interamente su quello scomodo carretto per colpa di quella bestiaccia. Continuava a tirare nerbate sul dorso della mula, ad incitarla con la voce, ma lei, placidamente teneva la stessa andatura. Barnaba era esasperato, fra non molto sarebbero giunti all’altezza del cimitero ed avrebbe preferito fare quel tratto veloce come un fulmine. Oltrepassarono la curva e sulla collinetta antistante spiccò, illuminato dai raggi di una lugubre luna giallastra, il cimitero. Barnaba si fece il segno della croce e subissò la mula di nerbate. All’inizio, e con suo grande sollievo, la bestia aumentò l’andatura, ma poi, quando fu sotto al cimitero si fermò di colpo. Barnaba imprecò tra i denti. Scese dal carretto ed intese tirare la mula per le briglie, ma questa non ne voleva sapere. Si guardò attorno. Il silenzio era totale, irreale, angosciante e Barnaba ebbe la sgradevole sensazione di non essere solo. Con gli amici dell’osteria, giù al paese, si vantava di essere coraggioso, ed in effetti lo era davvero, lo aveva dimostrato varie volte, ma quando si trattava di morti e di cimiteri nel cuore della notte era tutta un’altra cosa, il suo coraggio svaniva come il fumo con il vento. Nessuno lo avrebbe convinto a restare lì un minuto di più. Stavolta però sembrava che la mula volesse mettere il suo coraggio a dura prova, visto che non aveva alcuna intenzione di muoversi da dove era, anzi si era messa a brucare tranquillamente l’erba sul ciglio della strada.
Barnaba stava sudano freddo, non si era mai sentito così attanagliato dalla disperazione. Alzò la testa e con sguardo timoroso sbirciò verso il camposanto. Quel silenzio assoluto era quasi tangibile, se lo sentiva appiccicato addosso come i vestiti nelle giornate afose e questo gli dava disgusto. Cercò di farsi coraggio, si disse che tutte le storie che si sentivano sui cimiteri e sui morti erano frottole per spaventare i bambini ed i creduloni, che non erano vere, che chi è morto è morto e non può far più nulla. Ma più se lo diceva più quelle storie terribili e raccapriccianti gli tornavano in mente. Davanti ai suoi occhi comparivano immagini orribili e minacciose che affioravano dai ricordi di quei racconti che si era bevuto da piccolo, sentiva che il panico si stava impossessando di lui. Guardò di nuovo la mula, ma questa sembrava stare proprio bene dov’era, allora, guidato da una forza maligna, si voltò nuovamente verso il cimitero e fu allora che lo vide.
Non svenne, nemmeno lui seppe perché, ma le gambe gli diventarono di gelatina ed iniziò a tremare come una foglia al vento. Il rumore dei suoi denti che sbattevano l’uno contro l’altro gli sembrò assordante. Era là, accanto ad una tomba, in piedi, avvolto da un mantello nero che la lieve brezza che si era alzata, faceva muovere con esasperante lentezza. La stessa brezza che portò alle narici di Barnaba un insopportabile odore di morte. Barnaba continuava a tremare, ma non riusciva a staccare gli occhi da quella inquietante figura. Gli tornarono alla mente cento racconti orribili ed una frase lo colpì particolarmente rimanendogli scolpita in mente come su una lapide: “ovunque ci sarà odore di morte li troverai in attesa di un pasto”. Barnaba deglutì, non c’erano dubbi quella figura sinistra doveva essere un “mangiatore di cadaveri” uno dei tanti servitori della Nera Signora. Si ricordò, infatti, che proprio quella mattina era stato sepolto un giovane del villaggio che era affogato nel fiume. All’improvviso la figura si mosse ed avanzò verso di lui con passo lento ma deciso. Le gambe di Barnaba adesso erano come fuse con la terra, impossibile muoverle, come impossibile era muovere ogni altro muscolo del suo corpo. Aveva così tanta paura da non riuscire nemmeno ad aprire e chiudere gli occhi, li teneva spalancati esattamente come un morto e la sua bocca era rimasta aperta come se la mascella si fosse staccata. La figura uscì dal recinto del cimitero e silenziosa come un ombra si avvicinò al carretto. Barnaba ne scorse il volto e fu davvero troppo, lanciò un urlo e svenne.




Quando riaprì gli occhi un volto un po’ cupo ma sinceramente preoccupato, lo stava guardando ed una mano forte gli stava tastando il polso. Si alzò sui gomiti e squadrò la figura china su di lui. Era un uomo, non vi era dubbio, anche se la sua carnagione piuttosto pallida lo faceva sembrare davvero uno spettro, ed il suo sorriso sembrava un ghigno diabolico.
- Il mangiatore di cadaveri!!!! – gridò Barnaba schizzando in piedi.
- Il che?!! – domandò l’uomo sconcertato.
La sua voce era calda e profonda ed in certo modo rassicurò Barnaba che, ancora in preda al panico, aggiunse - … il mantello, la tomba .. il cadavere … - L’uomo sorrise ancora, ma stavolta il suo sorriso fu gentile, quasi di scusa
- Devo averla spaventata a morte e me ne dolgo sinceramente, ma quando l’ho vista ero troppo contento per pensare che la mia presenza a quest’ora in un cimitero potesse apparire alquanto macabra e spaventosa – fece un lieve inchino - .. lasciate che mi presenti, sono il Dottor Curiel, Daniel Curiel e detengo una cattedra all’università di medicina a Parigi, e questo, in un certo senso spiega la mia presenza qui stanotte – Barnaba lo guardò incredulo
- Dottore?!! – ripeté balbettando – Io … Io ho creduto a tutte quelle storie … Mi vergogno .. sono pure svenuto! .. Vi prego non raccontatelo a nessuno ne andrebbe della mia reputazione! –
Il dottore sorrise benevolo
- Facciamo un patto, io non dirò nulla a nessuno della vostra brutta figura se voi mi aiuterete nel lavoro che ero venuto a fare – si fermò – di solito mi aiuta la mia vecchia assistente una donna capace e affidabile, ma in questo viaggio non mi ha potuto accompagnare, quindi ... - lo guardò dritto negli occhi esercitando tutto il suo carisma - .. Che fate allora, ci state? –
Barnaba pensò agli amici dell’osteria, pensò alla sua reputazione in frantumi, a quello che sarebbe diventato se la storia si fosse saputa in giro e decise che accettare di aiutare quello strano individuo, di certo sarebbe stato il male minore.
- Accetto .. – disse con voce decisa - … di che lavoro si tratta? – chiese poi non senza una certa preoccupazione.
- Vedete – disse il dottore guidandolo verso il cancello del cimitero - .. il mio compito è di curare i vivi perché non divengano morti prima del tempo, per far questo nel migliore dei modi ho bisogno di studiare a fondo il corpo umano di fare esperimenti, quello che mi serve è una cavia che non si lamenti quando dovrò aprirla, sezionarla, cucirla … insomma, chi meglio di un cadavere fresco può servire a questo scopo? –
Barnaba rimase allibito, stupefatto e nauseato
- Volete dire che dovremo disseppellire un cadavere e portarlo via?!!! –
- Esatto! – rispose il dottore porgendogli una vanga - .. Lo so cosa state per dirmi .. Che è un sacrilegio, che è contro l’umana decenza e che la notte i morti che ho profanato verranno a tirarmi le lenzuola e che i mie sogni saranno popolati da incubi e rimorsi. Beh! .. In coscienza posso dirvi che non è il primo cadavere che disseppellisco e che di tutto ciò non mi è mai capitato nulla – sorrise mellifluo - … E poi ricordatevi che abbiamo appena stretto un patto -
Barnaba afferrò la vanga che il dottore gli stava porgendo ma non si diede per vinto.
- Mi sento come uno sciacallo, un profanatore di tombe, lo so i miei sogni saranno popolati da incubi spaventosi e … -
Il dottore lo interruppe
- Lo saranno ugualmente se raccontassi in paese del vostro scarso coraggio, sarebbero incubi di diversa natura, ma non vi farebbero dormire ugualmente. Allora vi volete decidere a darci dentro con quella vanga? –
Barnaba cominciò quel disgustoso lavoro. La tomba era quella di Marcel, il giovane affogato, e sepolto quella mattina. Fu un lavoro piuttosto pesante ma alla fine la vanga toccò il legno con un suono sinistro che fece rabbrividire il povero Barnaba. Sulla sua fronte non c’era nemmeno una goccia di sudore, la paura ed il disgusto glielo avevano ghiacciato sul corpo e adesso quel freddo maledetto gli era entrato nelle ossa così come il puzzo nella morte gli era entrato nel naso. Con mosse rapide e sicure, a dimostrazione di una lunga esperienza, il dottore scoperchiò la bara, ed il volto gonfio e tumefatto del giovane Marcel fu crudamente illuminato dalla luce lunare. Per Barnaba fu davvero troppo, s’inginocchiò e dette di stomaco. Il dottore ammirò la sua nuova cavia poi bonariamente disse
- In effetti non è un bello spettacolo .. Ma voi di pelo sullo stomaco non ne avete nemmeno un po’! .. Avanti aiutatemi a tirarlo fuori –
Ma Barnaba era troppo preso con il suo stomaco per dare retta al dottore, stava così male che credette di aver rimesso anche le budella. Solo dopo un po’ di tempo riuscì a riprendere in parte il controllo del proprio corpo e quando si girò la bara era già stata richiusa e poco più in là, un grosso telo bianco, nascondeva il corpo gonfio del giovane.
- Su avanti!! .. ricoprite la fossa – l’apostrofò il dottore in modo sbrigativo.
Pur di non pensare a ciò che aveva appena fatto, Barnaba si mise di buona lena a riempire la fossa ed in breve del loro gesto folle non rimase traccia alcuna. Il dottore era un vero specialista sembrava infatti che nessuno avesse toccato quella tomba, quella considerazione, però, non sollevò Barnaba dai sensi di colpa. Sollevarono il corpo e si avviarono verso il carretto, lo deposero a terra e si guardarono in faccia. Barnaba si sentiva pieno di rabbia e non sapendo come sfogarla non trovò di meglio che prendersela con la mula. La guardò con odio e le sferrò una pedata, la bestia ragliò ma non si mosse più di tanto.
- Perché prendersela con lei, povera bestia – disse il dottore carezzandole il muso - .. Se non fosse stato per lei non vi sareste mai fermato e non mi avreste dato una mano … -
- Appunto!! – lo interruppe asciutto Barnaba - … Avrei preferito cento volte che non si fosse fermata!!! – Il dottore non gli badò e con molta tranquillità mise il cadavere sul carretto e con disinvoltura salì a cassetta. Barnaba lo guardò stralunato, poi divenne furioso
- Ma dove credete di andare con quel disgraziato fardello sul mio carretto?!! .. Scendete immediatamente!!!
Il dottore lo guardò sorridendo
- Suvvia!! .. Avete fatto trenta, potete fare trentuno … Non vorrete mica che me ne torni a casa a piedi con il nostro amico in spalla? – e così dicendo indicò il cadavere avvolto nel telo bianco
- Nostro amico?!! – sbottò Barnaba - … Sarà amico vostro!! .. –
Poi si zittì, non era certo quello il momento di mettersi a battibecco con il dottore. L’unica cosa che voleva veramente era che tutta quella assurda vicenda volgesse al termine il prima possibile.
- .. E va bene .. – disse salendo a cassetta - … vi accompagnerò a casa, dopodiché ognuno per la sua strada. Non ci siamo mai visti, io non so nemmeno che voi esistete. Né voi né i vostri cadaveri… - guardò la mula con disappunto - … C’è solo un problema, questa bestiaccia non ne vorrà sapere di muoversi e … -


Il dottore fece un cenno con la mano come a dire di stare tranquillo, Barnaba si strinse nelle spalle e ridacchiò tra se pensando con quale delle sue medicine quel “ruba-cadaveri” contava di far muovere l’animale. Fece schioccare le redini senza molta convinzione ma con suo grande stupore la mula si mosse ed iniziò a trottare di buona lena; guardò prima l’animale e poi il dottore ma questi fissava con occhio assente il buio della notte. Barnaba si strinse di nuovo nelle spalle, nessuno dei due sembrava volergli dare una spiegazione e lui si rassegnò, contento solo di essersi lasciato alle spalle quel posto così macabro. Il viaggio verso la casa del dottore non fu lungo, ma si svolse nel più assoluto silenzio, solo quando il carretto si fermò davanti al cancelletto di legno della villetta l’uomo parlò
- Vi ringrazio per il vostro prezioso quanto inaspettato aiuto. Posso offrirvi qualcosa da bere? –
Barnaba scosse decisamente la testa e senza dire nulla spronò la mula. Si era già allontanato quando la voce del dottore lo raggiunse
- E’ stato un piacere conoscervi ci rivedremo presto!!! –
Per tutta risposta Barnaba tirò dritto toccando ferro con le dita.
Non fu una buona notte per il povero Barnaba. Non riuscì a chiudere occhio perseguitato dalla faccia gonfia del giovane Marcel e quando riusciva ad a appisolarsi terribili incubi popolavano il suo breve sonno costringendolo a destarsi. Il mattino dopo era un vero straccio. Aveva una faccia pallida e stravolta, due occhiaie nere e profonde da far paura ed una stanchezza che non gli permetteva di reggersi in piedi. Si guardò allo specchio con orrore e decise che la cura migliore fosse quella di bersi un goccetto e fu così che cominciò con un bicchierino arrivando in meno di due ore al fondo di quella che sarebbe stata la prima bottiglia della giornata. In paese nessuno lo vide per tutto il giorno. Barnaba, infatti, completamente ubriaco girava per la campagna continuando a scolarsi bottiglie di vino. Fu così che, completamente brillo, mentre ammirava disgustato l’acqua del fiume, mise un piede in fallo e vi cadde dentro a faccia in giù. Non trascorse nemmeno un minuto che uno dei suoi amici, passando di lì per caso, lo scorse e si precipitò a tirarlo fuori. Fece di tutto per rianimarlo ma Barnaba sembrava non dare più segni di vita. L’amico lo trascinò in paese, dove il vecchio medico diagnosticò la sua morte per annegamento. Fu così che, nel giro di poco più di ventiquattro ore il paese si mise di nuovo in lutto. Qualcuno disse che una maledizione era scesa sul villaggio e molti gli credettero.
Barnaba fece il suo ultimo viaggio verso quella collinetta che la notte prima aveva popolato i suoi incubi, accompagnato dal cordoglio di tutto il paese. Tutti lo conoscevano e gli erano affezionati, aveva sempre aiutato tutti e fatto favori a chiunque glielo chiedesse, e forse ad una persona di troppo. Il suo unico difetto, tutti lo sapevano, era il suo incrollabile orgoglio, che alla fine lo aveva portato alla morte.
Fu tumulato accanto alla tomba di Marcel, la stessa morte li accumunava, era giusto stessero vicino.
Era ormai notte fonda, sul cimitero immerso nel buio e nel silenzio una lieve brezza accarezzava i bossi e le croci senza riuscire a far piegare gli alti ed austeri cipressi. Le lapidi, sotto la luce della luna, sembravano tanti soldati impettiti, un piccolo esercito silenzioso.
Barnaba non era in grado di dire quanto tempo fosse passato da quando era caduto nel fiume, una cosa però era certa, doveva ancora essere ubriaco, perché il suo sogno era uno dei peggiori che avesse mai fatto: sepolto vivo dentro una bara sotto due metri di terra. Sicuramente era anche il più reale che avesse mai fatto perché il legno di quella maledetta cassa era incredibilmente duro e l’odore di terra incredibilmente forte. Decise di svegliarsi. Scosse la testa e si pizzicò una mano, riaprì gli occhi pronto a respirare a pieni polmoni. Non successe. Le pareti della bara non erano svanite e l’aria era poca ed irrespirabile. Non aveva sognato, non stava sognando e soprattutto non era ubriaco. Qualcuno lo aveva davvero sepolto vivo. L’orrore che provò fu indicibile, era come star seduti in salotto con la morte che ti offriva il tè. La consapevolezza che di li a poco sarebbe realmente morto, e di una morte orrenda, lo fece impazzire. Iniziò a gridare ed agitarsi ottenendo solo di consumare più rapidamente la poca aria ancora a disposizione. Il legno scricchiolava sotto i suoi calci e sembrava ridere di lui. Non riusciva a rassegnarsi, non poteva morire così stupidamente, lui era vivo, voleva vivere. Tempestò il coperchio di pugni ma senza ottenere nulla. L’aria era ormai del tutto irrespirabile ed un principio di soffocamento lo prese alla gola. Spalancò la bocca e strabuzzò gli occhi. Di tutte le morti gli era capitata la più orribile. Iniziò a piangere mentre un vago senso di leggerezza lo stava cogliendo come una vertigine, gli sembrava che il suo corpo non pesasse più nulla, che quasi fluttuasse, poi udì un forte scossone, poi un altro, sentì lo scricchiolio del legno che si spezzava e finalmente i suoi occhi dilatati rividero la luna. Schizzò a sedere nella bara come una molla e con la bocca spalancata cercò di respirare tutta l’aria possibile. I polmoni e la gola gli bruciavano e la testa gli girava, ma era fuori, era vivo. Accanto alla bara scoperchiata, seduto per terra ed ancora scioccato, se ne stava il dottor Curiel. Non era certo questo che si era aspettato di trovare aprendo la sua ennesima bara. La sua sorpresa era stata doppia. Primo nello scoprire che il suo nuovo morto non era affatto morto e secondo perchè il supposto cadavere era da lui ben conosciuto. Non gridò, sarebbe stato del tutto normale in fondo, la sorpresa e la paura erano state così grandi da avergli tolto l’uso della parola. Si limitò a rimanere seduto a terra, sapeva che le gambe non lo avrebbero sorretto. Entrambi attesero il tempo necessario per riprendersi poi si scambiarono un’eloquente occhiata.


- Voi?!! … Ma .. Ma com’è possibile? – balbettò il dottore indicando il redivivo.
- Già!! .. – fece eco lui ancora incredulo di essere tornato nel mondo dei vivi – Proprio io!!! –
- … Ma come diavolo? .. – attaccò il dottore ancora con il cuore in gola.
Ma Barnaba scosse la testa. Non lo sapeva e non voleva saperlo, l’unica cosa che adesso gli importava era che tutto fosse finito e che potesse ancora respirare, fosse anche l’aria fetida del cimitero. Uscì barcollando dalla bara e la guardò con ribrezzo e orrore, poi guardò il dottore, che ancora abbastanza frastornato, si stava spolverando il mantello.
- Mi aiuti a rimettere tutto come stava –
disse deciso e rimboccandosi le maniche del suo abito della domenica
- Ma come? – domandò Curiel - .. Non volete far sapere a tutto il paese che siete ancora vivo? –
- No! – rispose Barnaba mentre gettava grandi badilate di terra sul coperchio della bara – .. Me ne andrò da questo stupido villaggio dove il medico non sa distinguere un morto da un vivo .. Mi domando quanti poveri disgraziati avrà fatto seppellire vivi .. – Lo guardò deciso - .. Diventerò il vostro fedele assistente, la vecchia signora avrà bisogno di riposarsi dopo tanti anni di onorato servizio non crede? .. Dividerò con lei fama e ricchezza .. –
Il dottore lo guardò stupito mentre con forza rimetteva la croce di legno al suo posto dandovi sopra vigorose botte con la pala
- Cosa vi fa pensare che vi voglia come mio assistente? –
- Niente – disse Barnaba guardando soddisfatto il suo lavoro - .. Ma suppongo che non vorrete si sappia in giro che il più famoso medico di Parigi deve la sua più che meritata fama al furto sacrilego di cadaveri dai vari cimiteri di provincia –
Curiel lo guardò, poi scoppiò a ridere
- E’ vero – disse - che figura ci farei? –
Si strinsero la mano e si avviarono verso l’uscita del cimitero.
- Dovremo farcela a piedi – disse Barnaba grattandosi la testa
- Non credo – rispose il dottore
Sul sentiero ai piedi del cimitero, proprio davanti al cancello, c’era la mula di Barnaba con il carretto che tranquillamente brucava l’erba sul ciglio della strada.
- E questa? –
Sbottò Barnaba , ricordandosi che la sera prima era stato così sconvolto da non pensare nemmeno a staccare la bestia dal carretto
- Non saprei proprio.. quando sono arrivato non c’era – disse il dottore - .. Comunque il viaggio da qui a Parigi è lungo, credo che ci farà comodo –
Salirono a cassetta ed al primo colpo di redini la vecchia mula iniziò a trotterellare con brio. Barnaba si voltò verso il cimitero che stava scomparendo dietro la curva e le croci illuminate dalla luna piena sembravano salutarlo come amici dopo una goliardata un po’ eccessiva. Barnaba sorrise, avevano ragione a ridere di lui, gli avevano combinato un bello scherzetto. Si rese conto che adesso la sua avversione per i cimiteri ed i morti era scomparsa, forse rimasta sepolta nella bara al posto suo. Ripensò a quello che era successo la sera prima alla strana coincidenza che l’aveva portato a conoscere il dottor Curiel. Ma era stata davvero una strana coincidenza? Lo guardò con la coda dell’occhio, forse quell’uomo era in realtà un demone? In verità non avrebbe saputo dirlo. La storia era piena di menti brillanti tacciate di stregoneria e di pratiche demoniache da persone ignoranti e piene di pregiudizi e chi era lui per dare un giudizio in tal senso? Nessuno. Era certo l’ultima ruota del carro. Da buon contadino credeva solo a ciò che vedeva ed in Curiel lui vedeva solo il suo salvatore. Adesso il lavoro di quell’originale dottore non gli pareva più tanto macabro e sconveniente, se non fosse stato per lui sarebbe morto di certo. Pensò, che grazie agli studi di uomini come Curiel, molta gente non avrebbe più fatto la fine orribile che stava per fare lui grazie all’incompetenza di un vecchio medico ignorante. Il fine giustificava i mezzi? Non lo sapeva, il suo giudizio era certo di parte, ma sentiva che stava per entrare a far parte di una cosa importante, che stava per entrare in una nuova era. L’era della medicina moderna. E lo stava facendo accompagnato da una vecchia mula che forse ne sapeva più di tutti loro messi assieme.
FINE



Nessun commento:

Posta un commento